Il nuovo Decreto End of Waste tra Confusione e Incertezze
La pubblicazione del Nuovo Decreto End of Waste dei materiali da costruzione e demolizione, Decreto 28 Giugno 2024 n. 127, con la conseguente abrogazione dell’altro (Decreto 27 Settembre 2022 n. 152), ha generato un grande fermento tra gli addetti ai lavori, stakeholder e associazioni di categoria. Di sicuro sono aumentate la confusione, le incertezze e le polemiche in questo settore, ovvero il recupero dei rifiuti, già di per sé molto complicato e critico.

Quali sono i passaggi chiave della nuova normativa?
Vogliamo evidenziare i passaggi chiave contemplati dalla nuova normativa sulla gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione, ma anche da quelle meno recenti come, ad esempio, il D.M. 5 febbraio 1998, al fine di chiarire alle imprese che gestiscono gli impianti di recupero rifiuti inerti come muoversi nel rispetto delle leggi, tenendo conto delle molteplici criticità, che possono portare a sanzioni e procedimenti a rilevanza penale e in alcuni casi anche alla chiusura dell’impianto.
Premettiamo che ABICert è un Ente di Certificazione e svolge la propria attività nel contesto in questione ai fini del rilascio della marcatura CE sugli aggregati riciclati prodotti dalle operazioni di recupero rifiuti non pericolosi e sulla certificazione UNIPdR 88 per la dimostrazione dei requisiti CAM. Mentre nel primo caso, l’Ente è deputato alla sola verifica dei requisiti tecnici di prodotto previsti nelle specifiche norme armonizzate, tra cui la UNI EN 13242 e la UNI EN 12620, nel secondo caso l’Ente deve verificare che l’azienda rispetti la normativa ambientale applicabile alle attività svolte per la realizzazione dei prodotti che una valenza dal punto di vista dei criteri minimi ambientali per i lavori edili (CAM EDILIZIA) e per i lavori stradali (CAM STRADE).
Le criticità più ricorrenti
Riprendiamo innanzitutto alcuni concetti già espressi in altre occasioni e che ci capita di riscontrare nelle varie realtà in cui ci troviamo a operare.
Nella maggior parte dei casi i produttori di aggregati riciclati, anche i più scrupolosi, non riescono ad essere sempre totalmente consapevoli dei complessi e articolati adempimenti ambientali previsti e pur credendo di operare correttamente, molto spesso si ritrovano in situazioni difformi da quanto previsto dalle norme in materia ambientale.
Nella maggioranza dei casi, le aziende del settore non hanno risorse tali da permettere la presenza di figure professionali specialistiche (ad. esempio ingegneri ambientali) nel proprio organico per occuparsi specificatamente di tali aspetti e mantenersi costantemente aggiornate.
In molti casi abbiamo potuto constatare negli impianti dei gravi limiti strutturali a causa della mancanza di spazi adeguati alla lavorazione dei rifiuti inerti e al deposito degli aggregati riciclati prodotti considerato che le lavorazioni devono avvenire per lotti omogenei.
Tali limiti strutturali, in molti casi non sono stati opportunamente valutati né in fase progettuale, né in fase autorizzativa e rendono molto difficoltoso operare nel rispetto delle normative ambientali sulle attività di recupero rifiuti da costruzione e demolizione. Le possibili soluzioni sono l’ampliamento dell’area a servizio dell’impianto e la riduzione dei prodotti realizzati. La maggior parte delle aziende hanno a malapena gli spazi sufficienti a produrre un unico aggregato riciclato.
La produzione per lotti non è una novità
Ancora oggi, nonostante l’eco mediatica, molti addetti ai lavori pensano che la produzione per lotti degli aggregati recuperati sia stata introdotta dai nuovi decreti di end of waste.
Ricordiamo che già nella circolare del Ministero dell’Ambiente n. 5205 del 2005 e successivamente nel D.M. 69/2018 viene chiarito che gli aggregati riciclati prodotti dal recupero di rifiuti provenienti dalle attività di costruzione e demolizione devono essere caratterizzati per lotti omogenei di dimensione massima pari a 3.000 metri cubi.
Ciò significa che al netto degli spazi occorrenti per le aree di conferimento e deposito dei rifiuti in ingresso, degli spazi per gli impianti e la viabilità interna compreso la pesa, il box uffici, officina, rimessa attrezzi, ecc…, in via generale per produrre nel rispetto delle leggi un solo lotto di aggregato riciclato di 3.000 metri cubi occorrono almeno due aree di 1.500 metri quadri ciascuna. La prima area è necessaria allo stoccaggio del lotto di aggregato riciclato chiuso ovvero per il quale sono state eseguite tutte le prove di laboratorio ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto e ai fini della marcatura CE (lotto di materiale impiegabile/vendibile). La seconda area sarà necessaria al deposito del lotto in corso formazione (lotto aperto per il quale non sono state predisposte le prove di laboratorio e non è stata apposta la marcatura CE).
N.B.: per il calcolo delle superfici è stato considerato il volume di una piramide con altezza massima del cumulo pari a 6 metri. Chi produce almeno 3 prodotti (ad esempio: sabbia, pietrisco e stabilizzato) ha necessità di disporre di aree nette per il solo deposito dei materiali prodotti di almeno 9.000 metri quadri.
Chi non ha a disposizione tali spazi deve ridurre le dimensioni dei lotti di aggregati riciclati prodotti con conseguente aumento dei costi da sostenere per le prove di laboratorio ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto e della marcatura CE.
Una soluzione potrebbe essere quella di specializzarsi a realizzare un unico prodotto, ad esempio una frazione unica 0/63 mm.
I tempi per l’adeguamento delle attività esistenti
Iniziamo col precisare che il nuovo decreto end of waste dei materiali da costruzione e demolizione è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 213 del 11.09.2024, è entrato in vigore il 26.09.2024, entro il 25 marzo 2025 i soggetti già autorizzati al recupero di rifiuti inerti da costruzione e demolizione devono adeguarsi alle regole del nuovo Dm 28 giugno 2024, n. 127.
Ciò significa che:
- Dal 26.09.2024, le nuove autorizzazione al recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione saranno rilasciate solo con riferimento al nuovo decreto;
- Gli impianti esistenti autorizzati ai sensi del D.M. 5 febbraio 1998, dell’art. 208 del D. Lgs. 152/2006 e del 27 SETTEMBRE 2022 n. 152 dovranno richiedere l’adeguamento delle loro autorizzazioni entro il 25 marzo 2025.
Si predilige la demolizione selettiva
Come indicato all’art. 1 del NUOVO DECRETO, in via preferenziale, i rifiuti inerti dalle attività di costruzione e di demolizione ammessi alla produzione di aggregati recuperati provengono da manufatti sottoposti a demolizione selettiva.
Questo concetto è molto importante e determinante sia per le caratteristiche tecniche degli aggregati riciclati prodotti, sia per i costi di produzione che gli impianti di recupero devono sostenere.
Si fa presente che oggi i cantieri di grandi dimensioni sono affidati principalmente a imprese di costruzioni in possesso di certificazioni ambientali, tipo ISO 14001, e con personale tecnico qualificato sotto il profilo della sostenibilità ambientale i quali si impongono una gestione razionale del cantiere. Le imprese di costruzione più virtuose possono contare su figure professionali al proprio interno in possesso di certificazioni sulle competenze in materia ambientale come ad esempio la certificazione dell’ECOPROGETTISTA CAM, DNSH, PNRR.
La selezione e separazione dei rifiuti prodotti in cantiere e da avviare a recupero e smaltimento è alla base della gestione razionale del cantiere sotto il profilo della sostenibilità ambientale. Auspichiamo l’impiego di tale prassi anche per la gestione dei cantieri più piccoli al fine di consentire l’ottimizzazione dei processi di recupero rifiuti aumentando la competitività delle aziende che producono aggregati riciclati.
Quali sono i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto?
I rifiuti da costruzione e demolizione regolati dal DECRETO in esame sono elencati nella tabella 1 dell’allegato 1. Il DECRETO prende in esame anche altri rifiuti ma nella nostra trattazione abbiamo deciso di tralasciarli.
Quelli principalmente conferiti e lavorati presso gli impianti di recupero rifiuti sono i seguenti:
- Le macerie non selezionate (EER 170904 “rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03”);
- Il fresato di asfalto (EER 170302 “miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17 03 01”);
- Le terre e rocce da scavo (EER 170504 “terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03”);
- Gli scarti della lavorazione della pietra ornamentale (EER 010408 “scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07” e EER 010413 “rifiuti prodotti dal taglio e dalla segagione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07”).
In molti impianti hanno iniziato a recuperare il calcestruzzo di ritorno delle autobetoniere maturato proveniente dagli impianti di betonaggio e gli scarti di produzione negli impianti di prefabbricazione che vengono entrambi conferiti con il codice EER 170101 (cemento).
Gli aggregati derivanti dalla lavorazione di questi ultimi rifiuti stanno iniziando ad essere impiegati per la produzione di nuovo calcestruzzo preconfezionato conforme ai requisiti CAM.
Ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto gli aggregati recuperati prodotti dovranno essere distinti per lotti non superiori a 3.000 metri cubi e rispettare i parametri chimici di cui alla tabella 2 (analisi sul materiale tal quale) e alla tabella 3 (test di cessione). Per ogni lotto di aggregati recuperato prodotto l’azienda dovrà compilare una Dichiarazione di Conformità (allegato 3) da inviare all’autorità competente (ente che ha rilasciato l’autorizzazione) e all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente entro sei mesi dalla data di produzione.
Il produttore di aggregato recuperato deve conservare un campione prelavato da ogni lotto di aggregato prodotto per almeno un anno dalla data dell’invio della dichiarazione di conformità. Tale obbligo non vige nel caso in cui l’azienda è registrata ai sensi del regolamento EMAS o è in possesso di certificazione ISO 14001 rilasciata da organismo accreditato.
Il sistema di gestione ai fini della corretta cessazione della qualifica di rifiuto
Le aziende che recuperano i rifiuti da costruzione e demolizione devono implementare un sistema di gestione delle attività al fine di dimostrare il rispetto di tutti i criteri previsti dal nuovo decreto. Tale sistema di gestione deve prevedere il controllo della qualità degli aggregati prodotti e su tutte le operazioni svolte.
In particolare, il produttore dell’aggregato recuperato deve dotarsi di una procedura di accettazione dei rifiuti idonea a verificare il rispetto degli adempimenti previsti dalla normativa in materia ambientale, ad esempio: archiviazione dei FIR e delle analisi di caratterizzazione rifiuto ove previsto, compilazione del registro di carico e scarico, compilazione e trasmissione del MUD, ecc…
Il sistema di gestione deve prevedere inoltre la gestione, tracciabilità e rendicontazione delle non conformità riscontrate nello svolgimento delle attività.
L’esame della documentazione a corredo del carico dei rifiuti in ingresso deve essere svolto da personale con appropriato livello di formazione e addestramento. Valutata positivamente la documentazione, l’accettazione di tali rifiuti deve avvenire sotto il controllo di personale con formazione e aggiornamento periodico che provvede alla selezione dei rifiuti, a rimuovere e a mantenere separato qualsiasi materiale estraneo. I rifiuti dovranno essere depositati presso le aree dedicate strutturate in modo da impedire l’eventuale miscelazione con altre tipologie di rifiuti non ammessi.
La movimentazione dei rifiuti avviati al recupero potrà essere svolta solo da personale con formazione e aggiornamento periodico in modo da impedire la contaminazione degli stessi con altri rifiuti o materiale estraneo.
Certificazione ISO 9001
Col precedente decreto End of waste dei materiali da costruzione e demolizione (DECRETO 27 SETTEMBRE 2022 n. 152) era previsto l’obbligo da parte delle aziende di dotarsi di sistema di gestione della qualità conforme alla norma ISO 9001 certificato da un Ente Accreditato. Tale obbligo non è stato confermato dal nuovo decreto lasciando la scelta alle singole aziende.
In effetti, poiché le aziende, per l’impiego degli aggregati recuperati, devono comunque essere in possesso di una certificazione del controllo di produzione in fabbrica ai fini marcatura CE (ad esempio secondo la norma EN 13242 o EN 12620) rilasciata da un organismo notificato presso il ministero (sistema di valutazione 2+), la certificazione ISO 9001 potrebbe apparire ridondante e superflua rappresentando soltanto una spesa.
Tuttavia ci teniamo a precisare che le certificazioni FPC ai fini della marcatura CE degli aggregati recuperati hanno lo scopo di verificare il solo rispetto dei materiali prodotti alle norme armonizzate di riferimento, ovvero ai requisiti tecnici previsti per l’impiego, e non entrano assolutamente nel merito della verifica sul rispetto degli adempimenti in materia ambientale. Quindi noi facciamo sempre presente alle aziende del settore che l’implementazione e certificazione di uno specifico sistema di gestione aziendale in conformità alla norma ISO 9001 rappresenta una maggiore garanzia per il rispetto degli adempimenti previsti dal nuovo Decreto End of Waste dei rifiuti da costruzione e demolizione oltre che un valore aggiunto in termini di competitività.
Gli usi consentiti per gli aggregati recuperati prodotti
Un aspetto molto importante chiarito dal nuovo decreto end waste dei materiali da C&D, e in realtà anche dal precedente decreto, riguarda gli usi consentiti per gli aggregati recuperati prodotti con i relativi requisiti di conformità e idoneità tecnica, ovvero la tabella 5 dell’allegato 1.
Finora abbiamo potuto riscontrare, per moltissime aziende che svolgono attività di recupero rifiuti secondo le procedure semplificate (DM 5 febbraio 98) o ordinarie (art. 208 del D.Lgs. 152/2006) una scarsa consapevolezza di come applicare sui rifiuti conferiti presso i loro impianti le corrette procedure di cessazione della qualifica di rifiuto con potenziali conseguenze sotto il profilo legale.
Il primo aspetto chiarito e che ancora molte aziende ignorano è che gli aggregati recuperati devono essere sottoposti obbligatoriamente a marcatura CE altrimenti non cessano la loro qualifica di rifiuto. Ciò vuol dire che se gli aggregati prodotti non vengono marcati CE continuano a rimanere rifiuti e non possono essere impiegati. Come abbiamo già detto, la produzione deve avvenire per lotti omogenei. L’altro aspetto evidenziato, ma che in realtà era già previsto nella normativa applicabile per alcune tipologie di aggregati recuperati (circolare 5205), riguarda l’idoneità tecnica del materiale che deve rispettare, a seconda degli usi, quanto indicato in specifiche norme come ad esempio la UNI 11531-1 o la UNI 11531-2 (per aggregati per opere di ingegnerie civile e opere stradali) oppure la UNI 8520-1 e la UNI 8520-2 (per aggregati per calcestruzzi).
Facciamo un esempio. Il lotto chiuso di aggregato recuperato da rifiuti da C&D nel nostro impianto, da impiegare ad esempio in un cantiere stradale, dopo che sono state fatte le prove di cui alla tabella 2 (analisi chimiche sul materiale tal quale) e tabella 2 (test di cessione), dopo che è stata redatta la Dichiarazione di Conformità (allegato 3) ed è stata inviata agli enti preposti entro i termini previsti (entro 6 mesi dalla data di produzione), dopo che è stata apposta la marcatura CE con sistema di valutazione 2+ per la norma armonizzata EN 13242 (certificato FPC rilasciato da un organismo notificato presso il Ministero quale ABICert), deve ancora rispettare determinati parametri a seconda che il materiale sia impiegato per la realizzazione di un corpo di rilevato piuttosto che uno strato di sottofondo o strato di base o strato di drenaggio (rif. prospetti 4a, 4b, 4c della norma UNI 11531-1).
Per cui, se il lotto di l’aggregato recuperato dovrà essere utilizzato per la realizzazione di un corpo stradale, lo stesso dovrà essere a frazione unica con diametro 63 mm e rispettare tanti altri requisiti come ad esempio il contenuto di materiale bituminosi (inferiore al 40%), una specifica Los Angeles (non superiore a LA50), ecc…
Se invece un aggregato riciclato grosso deve essere impiegato per il confezionamento di calcestruzzo strutturale, questo dovrà avere una delle seguenti composizioni come previsto dalla UNI 8520-2: Tipo A: Rc90; Rcu95; Rb10-; Ra1-; FL2-; XRg1- oppure Tipo B: Rc50; Rcu70; Rb30-; Ra5-; FL2-; XRg2-, oltre a rispettare altri requisiti e a quanto specificato nelle norme tecniche delle costruzioni.
In conclusione si deve far presente che gli usi consentiti sono diversi e in base agli stessi, gli aggregati recuperati devono rispettare specifici requisiti di conformità alle norme armonizzate europee e specifici requisiti di idoneità tecnica a norme UNI e decreti. Per eventuali approfondimenti e chiarimenti è possibile contattare i nostri uffici.
Miscelazione dei lotti di aggregati recuperati prodotti
Ma i lotti di aggregati recuperati prodotti possono essere mischiati in modo da avere un unico grande lotto?
Questa domanda è frequentissima tra gli addetti ai lavori che devono fare i conti spesso con gli spazi limitati a disposizione presso i propri impianti. Ancora oggi, con l’introduzione del nuovo decreto, l’aspetto risulta ancora non chiaramente definito.
Con le precedenti norme vi erano pochi dubbi dal momento che veniva semplicemente specificato nella circolare 5205 che i lotti non potevano superare i 3.000 metri cubi. Inoltre in tante autorizzazioni vengono prescritte altezze massime da non superare per i mucchi di aggregati recuperati al fine di ridurre le emissioni polverose prodotte dall’azione del vento.
Tuttavia si vuole porre l’accento su un passaggio del nuovo decreto end of waste dei materiali da C&D.
Al penultimo capoverso dell’allegato 1 il decreto recita: “durante la fase di verifica di conformità dell’aggregato recuperato, il deposito e la movimentazione presso il produttore sono organizzati in modo tale che i singoli lotti di produzione non siano miscelati.” Ciò vuol dire forse che una volta verificata tale conformità i singoli lotti potranno essere miscelati?
Gli obblighi di formazione
Ai fini del rispetto di quanto indicato nel nuovo decreto End of waste dei rifiuti da costruzione e demolizione, l’azienda deve prevedere la formazione per chi deve controllare la documentazione a corredo del carico dei rifiuti in ingresso all’impianto di recupero.
Inoltre l’azienda deve prevedere la formazione e l’aggiornamento continuo per gli addetti che movimentano i rifiuti conferiti e rimuovono e separano i materiali estranei e gli addetti che movimentano i rifiuti da avviare al recupero per la produzione degli aggregati riciclati al fine di impedire la contaminazione degli stessi con altri rifiuti o materiale estraneo.